Fiaba: la tavolozza della natura

Quando la Natura decise di dipingere il mondo, lo prese fra le mani e lo fece ruotare con lentezza prima in un senso e poi in quello contrario.

Era bello cosi’ tondo, ma troppo serio e cromaticamente triste; gioco’ quindi con la propria fantasia e inizio’ a colorarlo proprio dalla piana di Bormio.

Il verde fu steso con attenzione, e ogni buon pittore sa la difficolta’ che si incontra nell’unire piu’ toni differenti di verde, cosi’ li intercalo’ con un reticolo di acquedotti di larice rossiccio, che crearono delle sottili venature al pari di quelle che si intravedono sulle foglie dell’ippocastano, e disse: ‘E’ proprio bello acquarellare!’. Il caso volle che nel tempo la cosa fu storpiata e successivamente tramandata erroneamente in ‘E’ proprio bella l’agualare’.

Ma a cosa servivano i reticoli di larice, se ancora non era stata colorata l’acqua?
Ecco quindi la creazione del primo fiume: il Frodolfo e l’inizio del suo scorrere fu accompagnato dal borbottio che egli emanava: ‘Ditemi voi dove scorrere? Vi par facile muoversi senza sapere dove?’
In assenza di pendenze, infatti, l’acqua confusa, prima seguiva un verso e subito dopo quello contrario; il problema fu prontamente risolto con la creazione dei promontori e la loro colorazione marrone, allora l’acqua intelligente capÏ che il suo corso doveva essere unico e s’adeguo’ all’inclinazione del monte, correndo verso valle.

Ed ora, cos’altro colorare? Si chiedeva la Natura.
Guardo’ con interesse la sua tela e gocce di giallo caddero imbrattando lo spazio fra i monti, disperata cerco’ di riparare correggendo l’errore, poi stanca e rassegnata affermo’: ‘Beh! Non e’ poi cosi’ male! Lascero’ la macchia li’, sola’ e sempre per mal interpretazione la frase si tramuto’ in ‘Beh! Sembra qualcosa che vale! Lascero’, lo chiamino sole!’

D’allora esso brillo’ e riscaldo’ la terra, piu’ volte fredda dal gelo invernale e sciolse le bianche nevi, che Natura dipinse ricordando una favola a lei raccontata quand’era piccina: Biancaneve e i sette nani; accorgendosi poi della mancanza di quest’ultimi, si prodigo’ nel dipingere: Colombano, Reit, Scale, Vallecetta, Tresero, Coppetto e la Piazzi.
Il cielo azzurro fu l’ultimazione di tanta magnificenza e presa dell’acqua dal fiume, con un procedimento a spruzzo, la soffio’ verso l’alto servendosi di una grossa bacchetta bucata all’interno; questa, con il freddo dell’aria solidifico’ e s’insinuo’ fra tutte le cose create.

Soddisfatta per cio’ che aveva fatto, Natura esclamo’: ‘Cielo! Che bello!’ e non, come ancora oggi si racconta: ‘Che bello questo cielo!’.

A volte succede che il tam tam delle voci crei incomprensioni; l’acqua non si sarebbe chiamata cosi’ se Natura non avesse detto ‘Aho’.Qua, metterei delle trasparenze!’, e il vento non si sarebbe conosciuto, se non fosse stato confuso con ‘l’evento’ di cui si parlava in quel momento; ma sicuramente sappiamo che cio’ che la Natura, poco chiara e a volte distratta, puo’ aver pasticciato, mai sara’ creata con tanta perfezione anche dall’uomo piu’ attento e diligente.

 

Fiaba tratta dal volume "Polvere di Fiabe", Alpinia Editrice Bormio